Il multitasking delle favole
I troppi impegni della routine quotidiana causano quello stress che mina la sicurezza della nostra memoria. Un rimedio? Riscoprire il piacere della lentezza, facendo meno cose, ma meglio.
Con imbarazzante frequenza si leggono notizie che parlano di bambini dimenticati nell’auto, con conseguenze talvolta irreparabili; regolarmente il genitore accusato riporta di essere sicuro e certo di aver lasciato il figlio all’asilo o altrove e poidi aver continuato la sua attività come sempre. La scienza conferma. È possibile. Da qui una certezza: il nostro cervello, quello di tutti noi, può andare in tilt. Nessuno di noi è immune da situazioni che possono addirittura sfiorare la tragedia qualora pretendiamo da noi stessi standard di efficienza troppo elevati. Una molteplicità di azioni o pensieri molto spesso intasa la mente che, purtroppo, non ama il multitasking. «È scientificamente dimostrato», sostiene Rosario Sorrentino, neurologo, «che non è possibile svolgere più di due azioni contemporaneamente con una discreta efficienza; pensiamo poi se queste azioni diventano tre, quattro o più. In questo caso il cervello va in overdose di stimoli e a rimetterci sono la memoria, l’efficienza e la nostra stessa salute, perché possiamo raggiungere livelli di stress eccessivi che, se protratti nel tempo, conducono inevitabilmente a conseguenze infauste per noi e per gli altri». La qualità della vita e del lavoro dipendono enormemente dal grado di attenzione e di concentrazione che noi adottiamo. Ma, soprattutto nell’era digitale, le fonti di distrazione sono numerosissime e nonostante vogliamo convincerci del contrario, il nostro cervel- lo resta limitato. È aumentato in misura esponenziale il numero di incidenti stradali causati dall’uso sconsiderato del telefono: messaggi inviati e letti che sottraggono frazioni di secondo all’attenzione alla strada, ma che talvolta sono istanti fatali. Aspettare è inconcepibile: dobbiamo rispondere subito al messaggio, scriverlo o anche farci un selfie da inviare immediatamente. L’urgenza regna sovrana, spesso immotivatamente. Abbiamo la convinzione, errata, di riuscire senza problemi a guidare, chattare, cantare e pensare a cosa dobbiamo fare di lì a poco. Non è così e pensarlo è arrogante, illusorio e molto pericoloso. Di spegnere il cellulare poi non se ne parla e per alcune persone l’idea di poter adempiere ai mille impegni quotidiani senza perderne alcuno è condizione sine qua non per vivere; quindi di corsa la colazione, di corsa a portare i figli a scuola, di corsa al lavoro, durante il quale spesso si danno sbirciatine ai social, a WhatsApp o alle mail, di corsa in palestra, poi l’aperitivo, la cena, il cinema e nel mezzo la tintoria, il par- rucchiere, la spesa e così via. «Ci lamentiamo della memoria», continua Sorrentino, «ma in realtà non è un problema di memoria bensì di concentrazione. Per fare un esempio che sarà capitato, se non a tutti, a molti: si arriva sotto casa con la macchina per parcheggiare e magari siamo al telefono o stiamo già pensando a quello che dobbiamo fare appena lasciata l’auto; terminiamo il parcheggio, lasciamo frettolosamente l’auto e ci allontaniamo ancora al telefono o già proiettati nell’azione successiva. Risultato: l’indomani o quando dobbiamo riprendere l’auto abbiamo dimenticato dove l’avevamo parcheggiata. Questo perché, se noi iniziamo un’azione ci illudiamo che questa possa essere portata a termine con efficienza anche se facciamo o pensiamo ad altro. In realtà non è così e spesso addebitiamo la colpa alla memoria, anche se la colpevole è la concentrazione. Dovremmo riabituarci a rallentare, a focalizzare la nostra attenzione su ciò che stiamo facendo in quel momento. Ne trarremo vantaggio noi, chi ci sta vicino, il nostro lavoro e sicuramente il nostro cervello».
NON SIAMO FATTI PER IL MULTITASKING, LA SCIENZA LO CONFERMA. NON SI POSSONO SVOLGERE PIÙ
DI DUE AZIONI ALLO STESSO TEMPO CON UNA DISCRETA EFFICIENZA
Barbara Prampolini per ARBITER | SETTEMBRE 2017
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