Rapporto con la paura. E tu di che paura sei?
Abbiamo un pessimo rapporto con la paura: essa invece ci permette di attivare comportamenti che sono parte del repertorio del nostro istinto di sopravvivenza. Usiamola quindi per andare oltre…
L ’articolo dello scorso novembre sul Pip (Pronto intervento panico) era il primo di un progetto che vuole percorrere il mondo interiore del nostro cervello, per capire e indagare le opportunità che ci lancia o le trappole che ci tende. I progressi delle neuroscienze ci svelano le infinite potenzialità di questo organo che pesa 1,5 kg ma che ha una potenza straordinaria della quale siamo ancora poco consapevoli. Il cervello può condizionare tutti gli altri organi e ha un enorme potere sulla qualità della nostra vita. Insieme a diversi ospiti si parlerà delle varie forme nelle quali l’ansia, piut- tosto che le paure o il panico, si manifestano: dalla patologia vera e propria, cioè l’ansia cronica e il disturbo di panico, fino all’ansia da prestazione sportiva, professionale e personale. Il neurologo Rosario Sorrentino, già autore per Mondadori di Panico, la bugia del cervello che può rovinarci la vita (che ci ha ispirato per il titolo di questa rubrica) e Rabbia, è uno dei massimi esperti in Italia sul disturbo di panico. Una delle più importanti distinzioni è quella tra panico e paura. Può sembrare superflua ma non lo è affatto, perché nell’immaginario collettivo ancora si confondono. Le paure coinvolgono tutti; spesso le nascondiamo e preferiamo mostrare una maschera che ci fa sentire bene davanti agli altri, ci protegge e nasconde le nostre debolezze. Oggi soprattutto gli esperti del cervello ci invitano a riconoscere, accettare e confrontarsi con i propri limiti, che esistono in ciascuno di noi. «La paura è la nostra emozione primaria», afferma Sorrentino, «grazie alla quale riusciamo ad attivare quelle risorse comportamentali che sono parte del repertorio del nostro istinto di sopravvivenza. Nonostante generalmente abbiamo un pessimo rapporto con la paura, in realtà essa è una grande protezione, pertanto dovremmo allearci con essa piuttosto che negarla. Il panico invece è una trappola, la cosiddetta “bugia del cervello” perché ci segnala un pericolo che non esiste nella realtà e le persone che ne soffrono vengono catapultate in una sorta di pericolo urgente che spesso le fa volare dritte al pronto soccorso. In questo caso, si parla di disturbo di panico, una vera e propria malattia che, in chi è predisposto geneticamente, può condizionare l’intera esistenza. Ma grazie a delle terapie mirate per fortuna oggi se ne può uscire. In una società che ci vuole belli, con- dannati ad avere successo, prevalere, vincere ed essere competitivi, in alcuni contesti la paura mal gestita può irrompere nelle nostre vi- te fino a paralizzare chi ne viene colpito, dando luogo al fenomeno del freezing, nel quale la persona si trova appunto bloccata e conge- lata. È fondamentale contrapporre alle paure altrettanti pensieri positivi. Alla lunga il pensiero positivo prevale purché ci si alleni costantemente in questo bilanciamento. Praticare training autogeno e concentrarsi sul respiro mette il cervello in condizioni ottimali; svolgere poi regolare attività fisica consente di abbassare cortisolo , adrenalina e noradrenalina, ormoni scatenati dall’asse ipotalamo-ipofisi- surrene durante la reazione da stress». Oggi la terapia cognitivo comportamentale può dare un grosso aiuto, senza costringere un soggetto ad anni di «lettino» ma, come per ogni cosa è necessario essere sicuri che ci si stia rivolgendo a un serio e preparato professionista.
Il dottor Gianluigi Fiacchi, consulente fiscale all’interno dello Studio Pincelli di Sassuolo, opera in un tessuto sociale ed economico che forse meglio di tanti altri ha reagito alle gravi difficoltà della crisi internazionale. Il distretto ceramico di Sassuolo, nel Modenese, è sempre stato un esempio economico virtuoso studiato anche all’estero, persino nella risposta alla crisi. «Essere imprenditore significa possedere doti caratteriali che consentono a un individuo di inseguire i sogni, con una certa predisposizione al rischio», afferma Fiacchi, «mentre il professionista tende a focalizzare conoscenze e capacità nel proprio specifico settore. Oggi il consulente fiscale o legale opera all’interno di studi che sono delle piccole aziende. Questo significa lavorare in team e nel gruppo trovare risorse e stimoli necessari per svolgere al meglio il proprio lavoro. È finita l’era del professionista singolo, con il suo studio e una segretaria. Capitano anche a me giornate più stressanti di altre. Può sembrare un paradosso, ma se sono a casa e mi vengono in mente dettagli o modifiche a un progetto, non vedo l’ora di tornare in studio per lavorarci. Sicuramente 30 anni fa ero diverso, più emotivo e insicuro. Più si acquisiscono conoscenze, esperienza e consapevolezza più le paure si abbassano. Non si può diventare un professionista di successo se non si ha una certa dose di autosti- ma, che deriva dalla preparazione, dalla forza di volontà e dalla sa- na ambizione». Infine, i giovani; gran parte di essi ha crisi di identità, paura della vita, assenza di modelli di comportamento; in molti di loro si slatentizzano paure e fobie. La paura avvolge giovani e meno giovani, a volte per le stesse ragioni. Usiamola per andare oltre, viaggia- mo prima in noi stessi e perdoniamoci per i nostri limiti. Non saremo peggiori di tanti altri, ma siamo umani. Tutti.
BISOGNA CONTRAPPORRE ALLE PAURE PENSIERI POSITIVI, CHE ALLA FINE FINISCONO PER PREVALERE PURCHÉ CI SI ALLENI IN QUESTO BILANCIAMENTO CON COSTANZA
Articolo pubblicato sul Arbiter di gennaio 2017
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