«Se queste emozioni sono talvolta così forti che si lavora senza accorgerci del lavoro e che, talvolta, le pennellate vengono giù una dopo l’altra e i rapporti di colore come le parole in un discorso o in una lettera, bisogna però ricordarsi che non è sempre stato così e che in futuro ci saranno pure dei giorni cupi senza ispirazione».
Lettera che il pittore maledetto, così definito da molti, Vincent Van Gogh, scrive al fratello Theo. Van Gogh è noto a tutti anche se non tutti conoscono il suo segreto. Ha qualcosa in sé che lo accomuna a Ernest Hemingway, Abramo Lincoln, Winston Churchill o al regista Francis Ford Coppola nonché a Robin Wil- liams, Ben Stiller e tantissimi altri ancora. Spesso si definisce erroneamente genio e follia o, più semplicemente, «avere un pessimo carattere». Ma scendendo nei dettagli e nelle biografie di ciascuno, si scopre qualcosa di meno superficiale e, se vogliamo, di meno esoterico che attraversa le vite di queste persone, sicuramente eccezionali, ma con un’ombra che aleggia dentro alla loro testa. Si chiama disturbo bipolare (un tempo definito psicosi maniaco-depressiva) un disturbo che affligge ben tre milioni di persone circa in Italia e 30 milioni nel mondo. Secondo le stime, quasi la metà non è consapevole di soffrirne; colpisce maschi e femmine indistintamente. Le caratteristiche del bipolarismo sono fondamentalmente rappresentate dall’alternanza, talvolta anche repentina, di fasi dell’umore opposte. Rosario Sorrentino, neurologo, afferma che «a una fase euforica nella quale ci si sente invincibili, impavidi e con un’energia apparentemente inesauribile si alterna una fase depressiva con associate, in alcuni casi, manie di persecuzione, desiderio di autodistruzione e pressoché totale apatia». Nella fase euforica si cade in un tranello che è il nostro stesso cervello a tenderci; si ha la netta convinzione di poter fare qualsiasi cosa, addirittura con deliri di onnipotenza, scatti d’ira, pulsioni creati- ve esplosive e reazioni scomposte; è evidente che è una «bugia» ma chi ne soffre non sempre ne riesce ad avere consapevolezza e segue l’onda dell’euforia, cavalcandola sino a che non si infrange sul bagnasciuga per lasciare posto al buio, ossia alla fase depressiva. Van Gogh, dopo aver preso coscienza della sua malattia, sapeva bene che alla fase di iper produzione, di creatività eruttiva incontenibile sarebbero arrivati «i tempi cupi senza ispirazione» ma, anche lui come altri, non ha retto l’altalena emotiva e proprio poco prima di morire, a soli 37 anni suicidandosi con un colpo di pistola al cuore, scriveva: «La tristezza durerà per sempre».

Anche i tempi cupi sono falsati perché l’umore triste o malinconico che fa parte talvolta della nostra vita, quale fisiologica risposta a certi accadimenti, nell’individuo bipolare è esaspera- to ed egli ha la netta convinzione di essere precipitato nelle tenebre di una notte infinita senza possibilità di ritrovare la luce. Tutto è portato all’eccesso: iperattività e maniacalità nella fase euforica o, al contrario, totale immobilismo e idee catastrofiche nella fase depressiva. «Non è un caso», sottolinea Sorrentino, «che oltre il 15% delle persone affette da bipolarismo, nella fase depressiva, giungano all’estremo suicidandosi».

Chi è affetto da questo disturbo non ha solo reazioni autolesionistiche; potrebbe, nella fase euforica e iperattiva, avere anche reazioni violente e aggressive verso il prossimo.

Al fine di inquadrare un soggetto con picchi e precipizi patologici riconducibili al disturbo bipolare, Sorrentino invita, soprattutto i familiari, a prestare attenzione alle manifestazioni atipiche, per poter prendere dei provvedimenti prima che il disturbo possa sfociare in conseguenze sociali o personali di rilievo. Ci si deve rivolgere senza indugio a un esperto che possa, attraverso un’analisi clinica coadiuvata eventualmente da test specifici, effettuare una dia- gnosi puntuale e predisporre la terapia necessaria. Nel disturbo bipolare la familiarità incide per un buon 50%. Ha sicuramente una componente genetica associata a fattori organici e ambientali. Non basta la predisposizione ad attivare l’ospite silente ma stress, delusioni e fattori esterni che intervengono a modificare un equilibrio, lo possono far emergere. A differenza di un tempo tuttavia oggi, se trattato adeguatamente, è un disturbo che non pregiudica una vita normale, purché il paziente segua con grande attenzione e costanza le terapie e le regole basilari per mantenere «la barra a dritta». «È fondamentale», conclude Sorrentino, «prestare particolare attenzione al sonno, all’alimentazione, all’attività fisica. Asso- ciare, poi, alla necessaria terapia farmacologica una psicoterapia cognitivo-comportamentale in grado di poter aiutare il paziente a gestire l’alternanza, a saper cogliere da solo i segnali dell’onda che arriva e ad adottare le contromisure necessarie». «Non può esserci un Dio perché, se ce ne fosse uno, non crederei che non sia io». Frase di Friedrich Nietzsche… Tipico esempio di un bipolare in fase euforica.

ARBITER | FEBBRAIO 2019

Written by barbaraprampolini