Caro nonno ti scrivo…

Caro Nonnone,
     a pochi giorni dalla Festa della Repubblica ho aggiunto pezzetti al puzzle della tua avventurosa vita. Hai combattuto per la Patria e per questo sei stato catturato il 21 Gennaio del 1941 in Libia e a bordo della Queen Elisabeth, insieme a tantissimi altri soldati come te, sei stato deportato in Australia.  Mi hai sempre raccontato del viaggio terribile e infinito e delle sofferenze che avete patito, cose che oggi sembrano impossibili. Sei rimasto in Australia  fino al 1947, ben oltre la fine della Guerra perchè eravate diventati per quella terra una risorsa importantissima e quindi c’erano sempre delle ragioni per procrastinare il rientro dalla tua famiglia; tua moglie e tuo figlio che hai lasciato in fasce e lo hai trovato ometto di 7 anni. Eravate due sconosciuti ma poi la persona straordinaria che eri ha saputo in poco tempo colmare qualsiasi lacuna temporale. Io sono arrivata nel 1970 ma da subito tra noi è nato un rapporto speciale nonostante il prezzo che le sofferenze fisiche e le carenze alimentari ti hanno imposto di pagare. A distanza di poco tempo dal tuo rientro ti sei ammalato. Una diagnosi infausta: Parkinson. E tutti i luminari di allora hanno, più o meno velatamente, lasciato intendere che la colpa molto probabilmente risiedeva nelle pessime condizioni igienico- ambientali e alimentari cui sei stato sottoposto per lungo tempo. Quando io ero poco più che una poppante tu eri già ammalato ad un livello decisamente “importante” ma l’amore per me era tanto da voler a tutti i costi giocare con me a ping pong in taverna. Che risate ci facevamo e se barcollavi correvo subito a sostenerti anche se  dall’alto dei miei cinque anni potevo si e no attutire una caduta o sentire il peso della tua mano su una mia spalla che cercava l’equilibrio. E poi come non ricordare le nostre passeggiate nel paesino in collina semi deserto quando passava una macchina ogni morte di Papa e tu ed io e il tuo inseparabile bastone ce ne andavamo al bar di Geo ( un barista taccagno) che sfidavo alla caccia alle mosche e tutte le volte che ne acchiappavo una, a malincuore per lui  doveva pagar pegno offrendomi una cedrata! E come ti divertivi!!!

E i nostri giochi sul terrazzo…seduti uno accanto all’altro a scommettere sul colore della macchina che sarebbe passata. Giochi che oggi non esistono più…

La guerra ti ha sicuramente fatto soffrire, ma ti aveva anche offerto un’opportunità l’Australia perchè nella Fattoria nella quali eri prigioniero nell’ultimo periodo in realtà eri stato adottato, ti volevano bene come ad uno di famiglia perchè era impossibile non volertene. Ti sei dato da fare, sei stato una persona onesta e per bene e ti avevano offerto di restare, di far arrivare anche la famiglia, a  loro spese, pur di tenerti ma una bugia ha cambiato il corso degli eventi. Scrivesti alla nonna prospettandole questa opportunità e chiedendole se a casa andava tutto bene. Lei ti rispose che a casa era tutto ok…ma non era vero. La macelleria era andata e la vita era veramente dura. Tu, cavalcando quella bugia sei tornato affrontando un altro viaggio in nave devastante e quando ti sei accorto della realtà non ti sei perso d’animo ed hai iniziato subito a pensare alla tua famiglia con dignità e orgoglio. Sei stato un grande padre e un nonno unico per me e la tua scomparsa prematura per quella bestia della malattia ha lasciato un vuoto incolmabile. La tua ironia, le tue parole spese solo al momento giusto, la tua esperienza e il tuo amore hanno sempre riempito di sole i miei ricordi. 

Certe storie si dovrebbero raccontare nelle scuole proprio con i nomi e i cognomi per far capire ai ragazzi senza spina dorsale di oggi che un tempo esistevano gli Uomini e le Donne e che è solo grazie a loro se oggi possiamo ed abbiamo tanto. 

Dobbiamo essere orgogliosi di tutti gli italiani che hanno dato la vita , la salute, le loro speranze per un futuro migliore per tutti. 


Written by barbaraprampolini