Cognitivo comportamentale e Mindfulness
«Se sei afflitto da qualche causa esterna, non è questa ciò che ti molesta veramente, ma il giudizio che ne dai, e questo sì, puoi annullarlo immediatamente. Se invece ciò che ti affligge è inerente al tuo carattere, chi t’impedisce di correggere il tuo giudizio? In modo analogo, se ti rattristi di non riuscire a compiere un’opera che ti pare buona, perché non ritenti con più impegno invece di rattristrarti…?». Già in Marco Aurelio si intravedono alcuni dei principi base della Terapia cognitivo comportamentale, il modello più avanzato e scientificamente rilevante di psicoterapia. Se è vero che Freud è stato senza dubbio uno dei padri della psicologia, della psicanalisi nello specifico, si deve invece ad Albert Ellis e Aaron Beck la nascita della Cbt (Cognitive Behavioural Therapy) intorno agli anni 50-60 del secolo scorso, quella che chiamiamo terapia cognitivo comportamentale. L’enorme differenza tra la psicanalisi e la psicoterapia cognitiva sta sia nell’approccio ai problemi che nel trattamento degli stessi. Mentre la prima, lunghissima, procede a un’indagine dettagliata del percorso di vita per andare alla scoperta di cause, che secondo Freud erano sempre o quasi da ricercare nella sfera sessuale, la seconda parte da un principio base: il «qui e ora». I problemi che affliggono la maggior parte delle persone: ansia da prestazione, stress, disturbo del sonno, problemi sessuali, disturbi alimentari, dipendenze varie devono poter avere una risoluzione in tempi brevi. Ossia, al di là di ciò che mi è successo da piccolo, ora che sono grande e indietro non posso tornare, che cosa devo fare per stare bene e possibilmente allontanare qualche demone che mi perseguita? L’approccio della Cbt è concreto, scientifico, offre strumenti pratici e validi per affrontare tanti problemi con visibilità di risultati in tempi ragionevoli. Queste tecniche sono state adottate da militari, da manager e professionisti perché non solo dispiegano i loro effetti sulle patologie o i disturbi ma si rivelano estremamente efficaci anche in chi vuole migliorare la propria risposta alle difficoltà della vita, sviluppare la propria resilienza e cercare di ottenere il meglio da se stesso. Oltre al «qui e ora», che rappresenta un caposaldo del metodo cognitivo, seguendo la terapia si impara presto che il nostro cervello «procede attraverso pensieri automatici o veloci e pensieri lenti», come afferma lo psicoterapeuta Enrico Prosperi. «Fanno parte dei primi quelli che ci portano ad arrivare subito a una conclusione anche in assenza di prove, o che ci inducono a concentrare la nostra attenzione su un solo dettaglio estrapolato dal contesto, quelli che siamo abituati ad attivare quasi senza accorgercene perché ormai rappresentano il nostro abituale modo di ragionare. Fanno invece parte dei secondi quei pensieri, frutto della ristrutturazione dei pensieri automatici, che hanno come obiettivo quello di eliminare dei vizi nel nostro modo di agire ma soprattutto di pensare. In questo consiste il lavoro duro da compiere in terapia perché ci si deve muovere secondo schemi non consolidati, nuovi, per aprire strade diverse ai nostri pensieri e non rimanere sempre incastrati negli stessi».
Capire come funziona il nostro cervello da un punto di vista neurologico, biologico, è fondamentale per capire gli errori e correggerli, per accettare le nostre emozioni senza rimanerne tuttavia schiacciati. Se qualcosa ci turba non è importante tanto la cosa in sé quanto il disagio che la stessa crea in noi e quindi lavorare su quel disagio aiuta ad affrontare i problemi e le situazioni attraverso un metodo più concreto e realistico. Uno dei temi cari alla Cbt è la lotta al rimuginio, quale fonte primaria di «intossicazione». Praticando la cognitivo comportamentale ci si accorge di quanto tempo passiamo a sviscerare un pensiero sezionandolo in ogni sua parte, rivoltandolo come un calzino e spesso rimanendoci incollati come cozze per ore e giorni; questo è appunto il rimuginio altamente dannoso per la nostra salute. Uno strumento adottato dalla terapia cognitiva è la Mindfulness, una sorta di meditazione. Continua Prosperi: «è la traduzione inglese di un termine indiano che significa consapevolezza e nasce dall’intuizione di un medico americano, Jon Kabat-Zinn, nel trattamento dello stress e del dolore cronico. Significa prestare attenzione nel momento presente a tutto ciò che accade senza giudicarlo. Molti studi di neuroscienziati hanno dimostrato che la pratica costante determina cambiamenti funzionali in alcune aree del cervello. Alcuni benefici della mindfulness sono: minore distraibilità e riduzione del rimuginio, migliore capacità di rispondere allo stress. La mindfulness, rispetto ad altre forme di meditazione non ha una componente religiosa e allena principalmente a focalizzare l’attenzione su un oggetto specifico (per esempio il respiro), mentre ci sono meditazioni dirette maggiormente alla compassione e alla gentilezza». La cognitivo comportamentale non nega le emozioni, le passioni e i disagi; aiuta ad accoglierli ma poi a usare la ragione per far sì che non ci appiattiscano con il loro peso. «Possiedi la ragione?». «Sì». «Allora perché non la usi? E se fa quello che deve, che altro vuoi?». Sempre dall’amato Marco Aurelio.
Barbara Prampolini
Articolo pubblicato sulla rivista Arbiter n. 181 mese di Aprile 2018
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