“Le relazioni pericolose”

In qualità di Presidente di una Onlus ( Pronto Intervento Panico), nel corso degli anni ho raccolto spesso le confessioni, le disperazioni e lo sconforto di moltissime persone. Normale, penserete, mi occupo di ansia, panico, depressione, nemici coi quali è difficile convivere e dai quali è arduo liberarsi. Vero, ma in alcuni casi c’era molto di più. Non ho mai voluto affrontare il tema che sto per trattare in quanto lo consideravo “extra” rispetto al mio e nostro ruolo ma dopo l’ennesimo caso ho deciso di affrontare lo scabroso argomento delle relazioni medico paziente, nel caso di specie psichiatra-paziente.

Ovviamente non farò mai nomi né darò elementi che possano in qualche modo identificare i protagonisti tuttavia è bene sapere cosa succede dietro una porta chiusa.

Chi soffre di ansia, attacchi di panico e ancor di più depressione vive una situazione di estrema fragilità oltre che di profondo malessere e gli esperti che accolgono un paziente in quelle condizioni devono sapere che si tratta di “ merce” ( passatemi il termine) da maneggiare con cura, come un cristallo finissimo. Spesso capita anche che chi soffre di questi disturbi sia donna e bella, o carina o piacente o seducente anche se con grande probabilità, la malattia ne avrà incupito lo sguardo e rabbuiato il sorriso.

Il primo passo per la guarigione è la fiducia che scatta con lo specialista. In quel momento la paziente ( perdonatemi se ne faccio una questione di genere ma è questo che ho rilevato) che si trova in un tunnel, si sente sola e senza prospettiva percepisce una timida luce che forse potrà condurre ad uscire dall’incubo. Lo psichiatra ( anche in questo caso individuo una figura specifica sempre perchè così mi è stato riportato) ovviamente ne è ben consapevole dell’effetto che ha sulla paziente perchè per lei in quel momento rappresenta la mano tesa che dall’inferno la riporta alla vita. Premetto che per fortuna, almeno per la mia esperienza, la maggior parte dei professionisti non sono solo capaci ma anche moralmente ed eticamente ineccepibili ma quella piccola percentuale, quei casi rari rischiano di dare della categoria intera un’immagine che non risponde al vero.

Racconto un caso tra i tanti usando nomi di fantasia. Mi contatta in Associazione una ragazza, sulla trentina, Clotilde letteralmente disperata: è da anni in cura da un noto psichiatra ( di cui non dirò nemmeno la località per evitare problemi) e per molto tempo mi parla di quanto soffre, di come non riesca ad uscire dagli attacchi di panico nonostante le terapie e mi dice di essere fermamente convinta di non poter guarire mai.
E’ sempre molto difficile anche per me approcciarmi alle persone perché si deve essere molto delicati anche nei suggerimenti, nei c.d. consigli. Le suggerisco di prendere in considerazione l’idea di cambiare psichiatra ma al solo parlarne si irrigidiva. Avendo ben in memoria i miei momenti bui col panico non capisco il suo atteggiamento ma non voglio insistere. Passa il tempo e tra noi il rapporto si intensifica e pian piano entriamo sempre più in confidenza, al punto tale che un giorno mi confida di essere innamorata dello psichiatra e che anche lui pur essendo impegnato la ricambia. La mia reazione istintiva sarebbe stata quella di andare da questo luminare e menarlo a sangue ma sempre per il ruolo che mi competeva a fatica mi sono trattenuta, cercando soprattutto di instillare in lei ipotesi alternative e cercando di farla ragionare sulla situazione.

Non voglio dilungarmi oltre ma arrivo direttamente al punto. Lui non era per niente innamorato, si era approfittato di lei ( ho prova di scambio di messaggi tra loro) in un momento di estrema vulnerabilità, poi quando lei stringeva per avere un rapporto esclusivo, questo, l’ha mollata proprio durante un attacco di panico quando la poverina cercava in lui un supporto. Non solo non è stato in grado di curarla ma ha anche approfittato della sua debolezza per abusarne rendendola dipendente tanto che nonostante stesse male era incapace di cambiare medico. In quel momento ero molto presente nella sua vita e ritengo di averla aiutata molto prima di tutto facendole capire che quello non era amore ma “un calesse” e secondo poi che questa era una persona disgustosa. Ho cercato di convincerla a denunciarlo ma non ne aveva la forza. Posso dire che comunque è una storia a lieto fine per lei perchè poi una volta rinsavita dall’ubriacatura per questo millantatore e indirizzata ad altri professionisti , competenti , seri ed eticamente ineccepibili ha trovato non solo la serenità ma si è liberata del panico ed ora vive una vita piena e senza brutte compagnie.

Io vorrei sintetizzare però il tema in alcuni semplici punti:
1. Il medico deve essere “asessuato” mentre fa il suo lavoro e mai e poi mai abusare del suo ruolo . Se non è così cambiate medico.
2. E’ possibile che un medico si innamori della propria paziente ma in quel caso prenderà i dovuti provvedimenti e compirà scelte deontologicamente appropriate
3. Se subite il fascino di chi vi cura, parlo soprattutto di psichiatri, sappiate che state camminando su un campo minato
4. se lo psichiatra eccede il suo ruolo alzate i tacchi e cambiate psichiatra anche se si tratta di un nome famoso. Se poi rimanete incastrate in una rete di promesse e bugie o subite molestie o plagi, denunciate. In quel caso, quella ragazza, con la quale ora siamo amiche, aveva tutte le prove per poter rovinare letteralmente la carriera di questo bellimbusto ma per troppa bontà ha rinunciato. Peccato…forse sarebbe stata in buona compagnia.

Io sono contro il #MeToo ma quando si tratta di malattie, di problemi gravi nessuno dovrebbe essere così vergognoso da approfittare di persone che stanno male.

Posso dire che i professionisti ai quali ormai da anni indirizziamo i pazienti non sono solo eccellenti medici ma anche eccellenti esseri umani. L’etica, in medicina non può essere un’opinione.

Written by barbaraprampolini