Primi vagiti di una Repubblica

Il 2 Giugno si festeggia la nascita della Repubblica.
E’ un evento storico , un cambio radicale. Dalla nascita della Repubblica deriva la nascita della Costituzione , in gran parte quella alla quale ancora oggi facciamo riferimento.

Per comprendere appieno il fenomeno e come avvenne questa metamorfosi  , compresa la composizione della Costituzione e soprattutto il significato che allora i Costituenti vollero attribuire alle parole in essa inserite è necessario comprendere il contesto storico nel quale essa nacque.

Occorre prendere le mosse dall’ultima fesa della II Guerra Mondiale.

Siamo nel luglio del 1943 quando in Italia, ormai soggiogata  dalle gravissime sconfitte militari , occupata al nord dai tedeschi e con gli americani sbarcati al sud , il Gran Consiglio del Fascismo si riunì e  decise per la  revoca  di Mussolini dalla carica di Capo del Governo affidando di nuovo alla Corona la guida del Paese;  il Re quindi , Vittorio Emanuele III,   fece arrestare Mussolini e nominò quale nuovo  Primo Ministro il maresciallo Badoglio con il compito di smantellare tutte le istituzioni che avevano contraddistinto il regime fascista. Nacque un governo di Unità Nazionale di tutte le forze antifasciste.
Il Re Vittorio Emanuele III era convinto in questo modo di poter , a guerra terminata, ripristinare lo Statuto Albertino , una Costituzione che era stata promulgata il 4 marzo del 1848 e continuare quindi con un regime monarchico ma questo suo intendimento trovava ferma opposizione nelle forze antifasciste .

Il giorno 8 Settembre dello stesso anno l’Italia firma l’armistizio con gli anglo-americani.

Il Re Vittorio Emanuele III e la Corte, compreso Badoglio si rifugiano  a Brindisi e lasciano Roma e l’esercito allo sbando. Questo da molti venne considerato un gravissimo errore tattico e strategico. Secondo il giornalista e scrittore Indro Montanelli il Re doveva mandare a Brindisi il Principe ereditario con poteri di luogotenenza e lui rimanere a Roma e sulla soglia della Reggia aspettare l’invasore tedesco per dirgli “ il responsabile di quanto accaduto sono solo io, non il Popolo italiano, nè l’esercito italiano”. Doveva insomma accentrare su di sé tutte le responsabilità della disfatta. Con questo gesto, a parere di Montanelli,  Vittorio Emanuele avrebbe salvato quel poco che restava dell’onore nazionale e avrebbe forse salvato la Monarchia perchè gli italiani avrebbero senza dubbio  apprezzato il gesto. La situazione pertanto dopo l’8 settembre vedeva da una parte le truppe tedesche che occupavano il centro-nord , gli anglo americani al sud e i partiti antifascisti che avevano formato un Comitato di Liberazione Nazionale con lo scopo di prendere la guida del Paese sotto un regime di democrazia. Ovviamente il CLN si rifiutava di collaborare col governo Badoglio.

Sempre nel settembre del’43  i fascisti, liberato Mussolini grazie ai paracadutisti tedeschi fondarono di concerto con i nazisti la Repubblica Sociale Italiana, detta anche Repubblica di Salò che restò attiva sino all’aprile del ’45.

29 ( o 28?)  gennaio 1944 : a Bari si chiude il Congresso del CLN ( comitato di liberazione nazionale) che condanna senza appello la Monarchia attribuendo alla Corona tutte le responsabilità delle sciagure dell’Italia.
Per superare le evidenti contrapposizioni  in accordo con gli anglo-americani il Governo Badoglio propone una tregua istituzionale ma il CLN in prima battuta rifiuta. Le posizioni restano ferme da entrambi gli schieramenti.

Nel marzo del 1944 Palmiro Togliatti rientra dall’esilio sovietico e assume la gestione della “questione istituzionale” . Attraverso un lavoro certosino di mediazione riesce a trovare una soluzione provvisoria che prenderà appunto il nome di “svolta di Salerno” o “Patto di Salerno” che permise di sbloccare la difficile situazione italiana.

Il 12 aprile del 1944 In seguito al Patto di Salerno quindi Vittorio Emanuele III senza abdicare si ritira dalla vita pubblica e nomina suo figlio Umberto suo luogotenente ma con la precisazione che la nomina diverrà effettiva solo dopo la liberazione della Capitale. Allo stesso tempo il Monarca accettò il nuovo Governo Badoglio e di tale governo Togliatti divenne Vicepresidente del Consiglio.

Il 25 giugno del 1944 Dopo la liberazione di Roma il nuovo Governo Bonomi approva il decreto luogotenenziale 151 , la c.d. Costituzione provvisoria. Nel suddetto decreto si delineava la forma di governo sino alle determinazioni della Costituente; nel 1946 venne poi aggiornato il decreto 151 con la previsione che la questione istituzionale quindi la scelta tra Monarchia e Repubblica fosse demandata anzichè alla Costituente al popolo attraverso appunto un referedum istituzionale.

il 10 dicembre del 1945 il nuovo Presidente del Consiglio è Alcide de Gasperi e si riaccende il dibattito sulla sorte della Monarchia ; sorge l’interrogativo su chi deciderà la nuova forma dello Stato Italiano, se l’Assemblea Costituente o il Popolo attraverso il referendum . Gli americani tramite il capo della  commissione alleata di controllo propendono per il referendum. I partiti di sinistra però sono contrari.

Il 27 febbraio 1946 de Gasperi propone al Consiglio dei Ministri un Referendum costituzionale  da tenersi lo stesso giorno delle elezioni per l’Assemblea Costituente. La proposta è accettata e  viene fissata con decreto luogotenenziale revisionato, come accennato sopra,  la data del Referendum per il giorno 2 giugno del 1946.

Socialisti, comunisti, repubblicani sono per la Repubblica, a favore della Monarchia si schierano liberali , monarchici .

Il 9 maggio 1946 il Re Vittorio Emanuele III firma l’atto di abdicazione in favore del figlio che diventa così Re Umberto II , contravvenendo alla tregua istituzionale per la quale si era impegnato.
Di questo episodio Togliatti scriverà: «l’ultima fellonia di una casa regnante di fedifraghi che dimostra ad ogni passo di mancare a quella buona fede costituzionale che è essenziale per chi deve regnare non con una legge assoluta, ma con una costituzione che risponda alla volontà sovrana del popolo ». Meno intransigente e più tollerante De Gasperi e neutrali rispetto all’accaduto gli angloamericani , supervisori della legalità democratica. Il nuovo Re promise di «rispettare le libere determinazioni dell’imminente suffragio». Con l’atteggiamento conciliante e pacato di Umberto II e grazie anche ad una campagna elettorale frenetica e intensa i monarchici ripresero vigore non solo al Sud , notoriamente monarchico, ma anche a Roma, il che preoccupava non poco i Repubblicani.

2-3 giugno 1946  votazioni

La ricerca storica negli ultimi dieci anni ha sollevato numerosi dubbi e perplessità su quanto avvenne proprio nei giorni del Referendum per una serie di avvenimenti che lasciano quanto meno perplessi ma andiamo con ordine.

I protagonisti di questa vicenda sono:

Giuseppe Romita Ministro dell’Interno, socialista, ( scrisse nel 1959 i “Diari)

Alcide De Gasperi Presidente del Consiglio, democristiano.

Umberto II Re

Palmiro Togliatti Segretario Partito Comunista nonchè Ministro di Grazia e Giustizia

Giuseppe Pagano Presidente della Cassazione

Massimo Caprara ex Segretario di Togliatti

Giulio Andreotti ex Segretario di Alcide de Gasperi

Franco Malnati storico di Casa Savoia

ore 14:00 del 3 giugno si chiudono i seggi. Nella notte iniziano ad arrivare al Viminale, che allora era la sede del Governo, i primi dati. In queste ore gli animi sono concitati perchè l’andamento dei dati oscilla repentinamente ora verso la Monarchia e ora verso la Repubblica ma è in queste ore che va in scena un giallo nel giallo: secondo il Ministro dell’Interno Romita nella notte tra il 3 e il 4 sarebbe stata in vantaggio la Monarchia mentre secondo alcuni studiosi come per esempio Franco Malnati, storico di Casa Savoia,  la notte del vantaggio dei voti della Monarchia sulla Repubblica sarebbe la notte tra il 4 e il 5 giugno.
Nel 1990 per la trasmissione Mixer il giornalista Ugo Zatterin che all’epoca del referendum

era cronista per il quotidiano socialista “l’Avanti” disse che si erano sentiti più volte con Romita e che quest’ultimo non voleva assolutamente che si desse alcuna notizia di vittoria della Repubblica  fino al 5 quando fu chiara la sorte dell’Italia. Ma perchè questo atteggiamento? Si può ipotizzare che Romita non volesse che nella fase di vantaggio della monarchia la divulgazione dei risultati portasse a tumulti o moti di euforia da parte dei monarchici salvo poi magari essere disillusi qualche ora più tardi. Sempre secondo Zatterin quindi l’atteggiamento di Romita era solamente un eccesso di prudenza, tanto che lo stesso giornale di Zatterin uscì la mattina del 5 con un titolo vago : “ Si profila la vittoria della Repubblica”, nel mezzogiorno uscì l’edizione straordinaria con il titolo a caratteri cubitali “Repubblica” . E’ evidente che questo ritardo fece pensare che Romita avesse messo mano nei voti…

Secondo le memorie di Romita quindi il vantaggio della Monarchia avvenne nella notte tra il 3 e il 4 e i giornali uscirono con la notizia della vittoria della Repubblica il 4 invece i giornali uscirono il 5 quindi questa incongruenza è passibile di letture molto diverse tra loro. Ma a gettare dubbi sulla versione di Romita vi è anche una lettera che Alcide de Gasperi scrisse al Ministro della Real Casa Falcone Lucifero che porta la data delle 8 di mattina del 4 giugno:

” Signor Ministro,

Le invio i dati pervenuti al Min. dell’interno fine alle 8 di stamane. Come vede si tratta di risultati assai parziali che non permettono nessuna conclusione. Il ministro Romita ritiene ancora possibile la vittoria repubblicana. Io, personalmente, non credo che si possa rebus sic stantibus giungere a tale conclusione.

Cordialmente. f.to Da Gasperi

( originale con allegati i dati noti conservato presso l’archivio di Stato)

Questa lettera appare quindi in netto contrasto con la versione di Romita per varie ragioni. Anzitutto le sezioni scrutinate sono pochissimi nella notte tra il 3 e il 4 perchè su un totale di 35.000 sezioni sono solo 4.000 quelle scrutinate ed inoltre mancano quasi tutte quelle del Sud notoriamente monarchico .

Quindi perchè Romita sbaglia a collocare il sorpasso della Monarchia sulla Repubblica collocandolo nella notte del 4 giugno anzichè in quella successiva?
Secondo Malnati “trattasi di retrodatazione volontaria allorchè scrisse i suoi Diari nel 1959 allo scopo di non far intendere che il sorpasso fosse avvenuto nella notte tra il 4 e il 5 ovvero alla fine dello scrutinio quando non c’era più niente da fare “. Della stessa opinione Francesco Perfetti della “Luiss” di Roma e anche Aldo Ricci dell’Archivio Centrale dello Stato ipotizza che con questa retrodatazione si possa pensare che siano avvenuti fatti che non si conoscono ma che in qualche modo  possono aver stravolto il risultato. In definitiva che Romita possa aver commesso un involontario errore di datazione appare quanto meno abbastanza strano, compreso il fatto che tutti i Diari di Romita sono stati pubblicati proprio tranne quello del 1946…

5 giugno 1946

ore 8.00

Massimo Caprara viene convocato da Togliatti affinchè consegnasse una lettera al Presidente della Cassazione Giuseppe Pagano. La lettera conteneva l’invito a Pagano di non proclamare il vincitore del referendum ma solo di dare il numero dei voti. Infatti il 10 giugno del 1946 Pagano non proclamò la vittoria della Repubblica ma si limitò a comunicare il numero dei voti per la Repubblica e quello per la Monarchia. Come mai? Secondo Caprara questo avvenne perchè in quel momento Togliatti si era accorto che era in vantaggio la Monarchia.

ore 17:00

Il Ministro degli Interni Romita nel corso di una Conferenza Stampa annuncia i dati del Referendum. Delle 35.000 sezioni restano  da scrutinare solo 1.200.

12.182.155 sono i voti per la Repubblica e 10. 362.709 sono per la Monarchia.

Nella stessa giornata del 5 giugno Alcide de Gasperi sale al Quirinale per incontrare il Re Umberto II e tutto sembra procedere per il meglio ovvero che i Savoia accettano il verdetto del Referendum.

7 giugno 1946

Un gruppo di giuristi di Padova presenta ricorso contro l’esito del Referendum sostenendo che i dati presentati da Romita non possono essere considerati conclusivi in quanto nel computo non compaiono le schede nulle e le schede bianche ma solo i voti validi attribuiti alla Monarchia e quelli validi attribuiti alla Repubblica. Ancora un altro giallo. La legge sul referendum prevedeva  che i voti dovessero essere calcolati sulla base della “maggioranza degli elettori votanti”  quindi richiedeva una maggioranza qualificata del 50%+1 dei voti espressi comprensivi quindi anche delle schede nulle e delle schede bianche. Secondo il Prof. Sabbatucci dell’Università La Sapienza di Roma la formulazione del decreto luogotenenziale del 16 marzo recava questa dicitura per ottenere la vittoria della Repubblica: “ se la Repubblica otterrà la maggioranza degli elettori …votanti” . Questa parola “votanti” inserita o meno ad arte, condiziona molto il risultato perchè appunto si dovevano includere nel computo tutte le schede e quindi il non averle calcolate risulta giuridicamente un grave errore. In ogni caso è necessario attendere l’esito finale della Cassazione.

10 giugno 1946 ore 18:00

Il Presidente della Cassazione Giuseppe Pagano comunica l’esito del Referendum senza proclamare il vincitore appunto ma limitandosi solo a leggere i rispettivi voti : intorno ai 12 milioni per la Repubblica e 10 milioni per la Monarchia  rimandando ad altra seduta la definitiva proclamazione proprio per la necessità di analizzare i ricorsi.

Dopo la seduta in Cassazione, secondo la testimonianza di Caprara si trovarono: Togliatti, Andreotti, De Gasperi e Marcella Ferrara madre del Direttore del Foglio e tutti furono estremamente meravigliati per la pronunzia del Presidente Pagano. De Gasperi stesso, secondo le parole di Caprara chiese a Togliatti spiegazione su quanto avvenuto ma questi in un primo momento non rispose affermando che nemmeno lui ne aveva contezza. Solo in un secondo momento Togliatti disse: “ quando i parti non escono bene bisogna aiutarlo…” come a significare che fu aiutata la Repubblica ad uscire bene.  Una Repubblica quindi nata con delle difficoltà.

Secondo Caprara, Malnati  e Perfetti qualcosa è successo durante lo spoglio delle schede e anche questo per una serie di fattori :

tutte le operazioni elettorali erano controllare dal Ministro della Giustizia, Togliatti o da  suoi funzionari senza che tuttavia ci fosse alcun controllo….
Secondo Perfetti brogli ci sono stati sia a livello periferico che centrale
Secondo Malnati ci sono state manipolazioni di voti che hanno portato in favore della Repubblica circa 2 m.ni , 2,5 m.ni di voti.
Altra cosa

10 giugno 1946 ore 19.00

De Gasperi torna al Quirinale perchè per il Governo il passaggio dei voti dal Re al Presidente del Consiglio è automatico ma Umberto II si oppone perchè dal suo punto di vista i dati sono ancora provvisori . Al massimo il Re può delegare i suoi Poteri a De Gasperi fino a che la Cassazione non si pronunci in via definitiva. De Gasperi convoca un Consiglio dei Ministri ma la proposta del Re viene respinta. Si innesca così una situazione di crisi istituzionale che potrebbe arrivare alle estreme conseguenze. Da un punto di vista giuridico Umberto II aveva titolo e ragione per ritenere la pronunzia della Cassazione provvisoria perchè appunto mancavano nel conteggio le famose schede nulle e bianche, oggetto anche dei ricorsi presentati dai giuristi padovani.

11 giugno ore 12:00

Nuova riunione del Consiglio dei Ministri per tentare una soluzione al problema ma il problema pare senza soluzione perchè immediatamente dopo lo spoglio le schede furono distrutte. Altro mistero. Come mai tanti storici si chiedono le schede furono distrutte immediatamente….??La distruzione delle schede rende impossibile anche alla Cassazione una pronuncia definitiva perchè questa dovrebbe includere schede che sono state distrutte…

Si apre un braccio di ferro tra il Re Umberto II e il Governo ma sia il Prof. Sabbatucci che il Prof. Perfetti sono concordi nel sostenere che da un punto di vista giuridico il Re aveva perfettamente ragione ma sempre gli stessi sottolineano quanto invece da un punto di vista politico fosse pericoloso questo tira e molla di poteri che avrebbe potuto condurre il Paese ancora sofferente verso altre e ulteriori tensioni e scontri se non verso la guerra civile.

Il 12 giugno 1946 il Re fa sapere di non avere intenzione di cambiare lo stato delle cose fino alla pronunzia definitiva della Cassazione.

Il Governo forza la mano e De Gasperi comunica ai giornalisti di essere praticamente il capo dello Stato .

A questo punto a Umberto II non restano che due alternative: l’esilio o la prova di forza. Il Re dopo varie consultazioni cede. Questo suo atto viene letto da molti  come un atto di responsabilità , da altri come un’inevitabile soluzione in mancanza di mezzi adeguati per proseguire nel braccio di ferro.

Il 13 giugno alle 22.50 il Giornale della Sera pubblica il Proclama d’addio di Re Umberto II:

Italiani!

Nell’assumere la luogotenenza generale del Regno prima, e la corona poi, io dichiarai che mi sarei inchinato al voto del popolo liberamente espresso, sulla forma istituzionale dello stato.

Eguale affermazione ho fatto subito dopo il 2 giugno, sicuro che tutti avrebbero atteso le decisioni della Corte Suprema di Cassazione, alla quale la legge ha affidato la proclamazione dei risultati definitivi del referendum.

Di fronte alla comunicazione di dati provvisori e parziali, fatta dalla Corte suprema; di fronte alla sua riserva di pronunciare, entro il 18 giugno, il giudizio sui reclami, e di far conoscere il numero dei votanti e dei voti nulli; di fronte alla questione sollevata e non risolta sul modo di calcolare la maggioranza, io, ancora ieri, ho ripetuto che era mio diritto e dovere di re attendere che la Corte di Cassazione facesse conoscere se la forma istituzionale repubblicana avesse raggiunto la maggioranza voluta.

Improvvisamente, questa notte, in spregio alle leggi ed al potere indipendente e sovrano della magistratura, il governo ha compiuto un gesto rivoluzionario, assumendo, con atto unilaterale ed arbitrario, poteri che non gli spettano, e mi ha posto nell’alternativa di provocare spargimento di sangue o di subire la violenza.

Mentre il Paese da poco uscito da una tragica guerra vede le sue frontiere minacciate e la sua stessa unità in pericolo, io credo mio dovere fare quanto sta ancora in me perché altro dolore ed altre lacrime siano risparmiate al popolo che già tanto ha sofferto. Confido che la magistratura potrà dire la sua libera parola; ma, non volendo opporre la forza al sopruso, né rendermi complice della illegalità che il governo ha commesso, io lascio il suolo del mio Paese, nella speranza di scongiurare agli italiani nuovi lutti e nuovi dolori.

Compiendo questo sacrificio nel supremo interesse della Patria, sento il dovere, come italiano e come re, di elevare la mia protesta contro la violenza che si è compiuta; protesta nel nome della corona e di tutto il popolo, che aveva il diritto di vedere il suo destino deciso nel rispetto della legge e in modo che venisse dissipato ogni sospetto.

A tutti coloro che ancora conservano la fedeltà alla monarchia, a tutti coloro il cui animo si ribella all’ingiustizia, io ricordo il mio esempio e rivolgo l’esortazione di voler evitare l’acuirsi di dissensi che minaccerebbero l’unità del Paese, frutto della fede e del sacrificio dei nostri padri, e potrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace.

Con l’animo colmo di dolore, ma con la serena coscienza di aver compiuto ogni sforzo per adempiere ai miei doveri, io lascio la mia Patria.

Si considerino sciolti dal giuramento di fedeltà al re, non da quello verso la Patria, coloro che lo hanno prestato e che vi hanno tenuto fede attraverso tante durissime prove.

Rivolgo il mio pensiero a quanti sono caduti nel nome d’Italia, e il mio saluto a tutti gli italiani. Qualunque sorte attenda il nostro Paese, esso potrà sempre contare su di me come sul più devoto dei suoi figli. Viva l’Italia.

Roma, 13 giugno 1946.                                                                                                      Umberto

18 giugno ore 17:00

La Cassazione comunica i risultati definitivi confermando la vittoria della Repubblica e nel computo delle schede ha tenuto conto solo dei voti validi… Tale espressione non ha fondamento giuridico poichè contraria alla legge ma visti i tempi si pensa che anche la Cassazione volesse  blindare il risultato per evitare altro caos e altra guerra civile in un Popolo già fin troppo provato.

Così come ebbe a sottolineare Togliatti : “ quando i parti non escono bene bisogna aiutarli…”

Fu così che l’italia divenne una Repubblica e fu da qui che si iniziò a stilare la Costituzione che fu un altro parto difficile ma ne parleremo in un altro capitolo….

Fonti:

Indro Montanelli – Mario Cervi “L’Italia della Repubblica
Emilio Gentile “25 Luglio 1943”
Massimiliano di Pirro “Istituzioni di Diritto Privato”
Rescigno “Corso di diritto pubblico”
Gianni Minoli “La storia siamo noi”

Written by barbaraprampolini