Dormire forse sognare. Il sonno secondo Piergiorgio Strata

Che cosa conta di più per vivere una vita sana e longeva? Secondo Piergiorgio Strata è il sonno, spesso sottovalutato ma foriero di quella straordinaria attività cerebrale che crea i sogni

«Dormire, forse sognare» è il titolo dell’ultimo lavoro di Piergiorgio Strata, neuroscien- ziato, professore emerito di Neurofisiologia all’Università di Torino nonché importante ricer- catore che vanta collaborazioni anche internazionali con luminari del calibro del premio Nobel John Eccles. Uno degli obiettivi principali di questa rubrica, oltre a mettere il naso tra cose curiose e bizzarrie varie, è quello di aiutarci a vivere meglio e più a lungo possibile, indagando tra gli ingranaggi del cervello (e non solo), per capire come siamo fatti, come funzioniamo e in quali trappole rischiamo di restare prigionieri. La dieta della longevità, un libro che ho letto recentemente di Valter Longo, altro ricercatore italiano di grandissimo profilo internazionale, evidenzia le potenzialità dell’uomo di vivere, e bene, fino a oltre 100 anni. Uno dei passaggi chiave riguarda il fatto che si dovrebbe arrivare a morire sani mentre noi siamo più abituati a pensare alla morte dopo un lento e inesorabile declino fatto di percorsi spesso dolorosi, strazianti e sofferti. Ebbene, proprio nell’ottica del vivere sani e a lungo, Strata affronta nel suo libro uno degli aspetti più importanti della nostra esistenza: il sonno. Importante tanto quanto, se non più, del cibo e delle altre principali necessità.

«Dormire sembra un evento inutile, una vera e propria perdita di tempo che occupa 30 anni della nostra vita», afferma Strata. «Ma il sonno è essenziale almeno per due motivi: primo perché alla fine di una normale giornata, le nostre sinapsi cerebrali presentano un maggior volume, per l’intenso lavoro nell’elaborare i messaggi che ogni giorno arrivano al cervello e per pianificare adeguate strategie di comportamento. Come ben dimostrato nel 2017 da Chiara Cirelli e Giulio Tononi in un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista Science, durante il sonno le sinapsi ridimensionano il loro volume per affrontare le sfide della nuova giornata. Inoltre aumenta la rimozione dei detriti prodotti ogni giorno nel cervello dall’elaborazione di circa 10 grammi di proteine. Tra questi detriti vi sono la beta amiloide e la tau, causa di malattie neurode- generative come Parkinson e Alzheimer». Tuttavia, sappiamo bene che il sonno è spesso un acerrimo nemico col quale fare i conti ogni notte: o perché è interrotto, o perché fatichiamo ad addormentar- ci o perché tormentato. Che fare allora? «Ci si deve preoccupare», afferma Strata, «quando si percepisce come insufficiente la qualità o la quantità del riposo per un periodo di almeno tre mesi e quan- do si presentano colpi di sonno durante la giornata. In questi casi il ricorso a uno specialista è altamente consigliato se non indispensabile al fine di impostare una terapia adeguata sia dal punto di vista comportamentale sia da quello farmacologico». È vero che esistono delle persone che dormono veramente poco la notte ma, come affermano gli esperti, se durante il giorno sono efficienti e in piena forma evidentemente il loro organismo è sufficientemente appagato dalle ore che questi dedicano al dormire. Viceversa, sono numerosissime le persone che soffrono di insonnia ma la trascurano senza affrontarla seriamente come una vera malattia. Questo può portare alla lunga ad avere seri problemi di salute. Non dimentichiamoci che la privazione del sonno è stata tra le torture più in voga…
Per passare dal serio al faceto ho chiesto a Strata qualcosa sui sogni, questa attività che da sempre ha suscitato gran- dissimo interesse in un pullulare e fiorire di ipotesi e interpretazioni. Da quelli premonitori a quelli rivelatori; che cosa c’è di vero in tutte le leggende sull’attività onirica? «Nelle culture preistoriche il sogno è quasi sempre associato a un uccello che porta via l’anima e poi la restituisce, per permettere il risveglio. Spostandoci in tempi più recenti, con Freud, il tentativo della loro interpretazione e la possibilità di applicazione terapeutica si è palesemente rivelato privo di basi scientifiche. Oggi sappiamo che ogni evento mentale durante la veglia è associato a un ben preciso quadro di attività cerebrale. Se qualcuno, vigile, percepisce il volto di una persona si attiva un’area per la percezione delle facce. La stessa cosa avviene mentre si riposa. Quando dormiamo il cervello mantiene un’attività intrinseca ben organizzata, come un aereo con i motori accesi pronto a decollare, a generare i fenomeni mentali del sonno cioè i sogni. Il contenuto di quest’ultimo dipende da quale area fra le tante viene attivata in un determinato momento mettendo insieme in modo talvolta bizzarro memorie recenti e passate. Il silenzio dei neuroni della veglia, con la mancanza dei loro neurotrasmettitori, non consente di elaborare immagini coerenti e legate a storie passate o a progetti futuri. Nel sogno viviamo soltanto il presente e non siamo in grado di inserire il contenuto nella memoria a lungo termine. Lo ricordiamo soltanto se ci svegliamo in quel momento per l’entrata in funzione dei neuroni della veglia con i relativi neurotrasmettitori». Naufragata l’idea di trarre spunti o premonizioni dai sogni a occhi chiusi non resta che affidarci a quelli a occhi aperti…
DURANTE
IL SONNO LE SINAPSI RIDIMENSIONANO
IL PROPRIO VOLUME PER AFFRONTARE
LE SFIDE DEL GIORNO SUCCESSIVO E AUMENTANO LA RIMOZIONE DEI DETRITI PRODOTTI DAL CERVELLO

Barbara Prampolini per ARBITER | NOVEMBRE 2017

Written by barbaraprampolini