La musica, la bugia più bella…
SE IL MOMENTO DELLA TUA VITA È DIFFICILE, DEVI SCEGLIERE COSA ASCOLTARE CON CURA PERCHÉ QUELLE NOTE POTREBBERO DIVENTARE MOLTO DISTRUTTIVE
Mentre leggete questo articolo lasciate in sottofondo la vostra canzone preferita. La musica è forse il più bell’inganno che si possa vivere, quello che ci fa sognare che il bello della vita debba ancora arrivare
Che cos’è la musica, Piero? Che scherzi ci gioca al punto da farci impazzire di gioia o disperare?». «La musica è pericolosa. È un fantastico amplificatore di emozioni». È quanto afferma perentorio Piero Salvatori, uno che di musica se ne intende e parecchio.
«Devi conoscerla, devi conoscerti e devi farne un buon uso altrimenti potresti farti male, ne sono convinto. Finché ti fai male sognando a occhi aperti in un momento di euforia amorosa o di entusiasmo, al massimo potrai rimanere poi deluso dalla realtà, ma se il momento della propria vita è difficile devi scegliere con cura ciò che stai ascoltando perché quelle note potrebbero diventare deleterie e distruttive. Allora meglio il silenzio… Anche quello è musica».
Sono a Bologna al Teatro Duse per lei, per rivedere dopo quasi 20 anni Ornella Vanoni. La adoro da sempre, fin da quando, bimbetta, forse non capivo nemmeno il significato di alcuni testi. Al pari degli odori anche la musica ha il potere straordinario di farci fare dei salti nel tempo e nella memoria più remota. Stasera, tuttavia, con mia grande sorpresa, c’è qualcosa che va oltre Ornella, oltre la musica che amo, oltre la spensieratezza di una serata a lungo desiderata. Vengo catturata, rapita, a inizio concerto da uno dei suoi musicisti. Non riesco a smettere di guardarlo, di seguire i movimenti eleganti e leggeri delle sue braccia mentre conduce l’archetto sulle corde e insieme alle dita che scivolano lungo il violoncello come una carezza o un rimprovero le sottomette al suo volere. Il risultato è strabiliante. L’espressione del suo viso e la direzione dello sguardo, oltre a interpretare la canzone, parlano di una coppia, che lì sul palco racconta del proprio rapporto amoroso, stretto, doloroso, sofferto, gioioso, travolgente e struggente allo stesso tempo. Lui e il suo violoncello. Mi guardo intorno per capire se sono l’unica a subire il suo charme, la sua luce, ma tutti sono concentrati solo su Ornella, che trattiene a sé l’attenzione come una sirena. Spesso mi succede di notare o meglio fiutare chi pos- siede quel cromosoma in più, quel velo svolazzante apparentemente invisibile che distingue una persona con una storia importante, diversa, insolita, eccellente e straordinaria. Non so chi sia ma quando a fine concerto la Vanoni presenta i suoi musicisti non mi lascio sfuggire il nome: Piero Salvatori. Benedico Internet e mi documento subito. Poteva essere un ragazzo normale, che per una ragione o l’altra ha studiato al conservatorio e poi per varie strade è arrivato sul palco del Duse quella sera, e invece no. La sua è tutta un’altra storia: è la storia di un bambino che anzitutto asseconda l’amore per la musica dei genitori e che si trova a dover passare a un certo punto e suo malgrado dal pianoforte, che sentiva suo, al violoncello. Inizia un periodo complesso e da adulto si rispecchia nelle pagine di Open, il libro sulla vita di Agassi, al punto da scriverci una canzone perché rivive, leggendo di lui, il suo rapporto di amore e odio con il violoncello, il desiderio di assecondare un padre e una madre che amava, il bisogno di farcela, di arrivare a dominare anche quello strumento. «Sono stato un ribelle di fronte al violoncello mentre, al contrario, il pianoforte mi ha sempre tranquillizzato», afferma. «Il violoncello è per me come un cavallo, un purosangue nero, siamo spesso andati allo scontro, ha cercato frequentemente di disarcionarmi ma alla fine sono riuscito a cavalcarlo come
Udicevo io anche se con lui devo stare sempre attento».
Una vita di conflitti quella di Piero ma anche di successi, difficoltà, scelte controcorrente, come chi dal classico passa al pop, di speranze, desideri e attese, una vita personale e professionale diversa da tante altre. Ha collaborato con grandi artisti (Fresu, Zero, Baglioni, Dalla, Paoli, Bolle…) e ha solo 48 anni. La musica è un’amante focosa e pretenziosa, è un amico che ti consola e ti asseconda, è un rifugio quando forse le difficoltà della vita fuori dallo spartito sono troppo opprimenti. Chi fa musica o chi è comunque artista, pittore, scultore e anche scrittore è un privilegiato perché ha un mondo in più nel quale vivere. La musica è terapia e dannazione, come ha sottolineato Salvatori, ma è pur sempre un mondo oltre il mondo. Incide prepotentemente in chi la suona o la compo- ne e in chi la ascolta. Io sono un’appassionata ascoltatrice ma vorrei sentire quello che sente chi la musica la crea e la riproduce. «A volte, anzi quasi sempre», continua Piero, «quando sono su un palco penso: “Ma che ci sto a fare qui?”. Suono il violoncello, il pianoforte e scrivo musica ma penso sempre che tutto quello che ho fatto finora sia una parentesi, in attesa di ciò che dovrà arrivare veramente. Quando suono è come se me ne andassi via, quasi come ci fosse qualcun altro al posto mio. Scrivere musica poi mi fa ogni giorno rinascere. E proprio sul palco o quando scrivo a casa io divento quella parte di me che non conosco e mi è amica». La musica è forse la più bella bugia che si possa vivere, quella che ci fa sognare, co- me Piero, che il bello della vita debba ancora arrivare veramente. E noi sogniamo. Che male c’è se poi tra una nota e l’altra a volte esplode un sorriso o scende una lacrima? Anche questa è vita…
[media-downloader media_id=”7035″]foto: Davide Martinelli
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