Dalla tradizione al giuramento
C’era una volta…
un Duca, Carlo Emanuele II di Savoia il quale un bel giorno
ebbe l’idea di fondare a Modena la Reale Accademia di Savoia per ivi destinare la residenza della Real Casa. A tal fine nel 1675 diede inizio ai lavori di costruzione del Palazzo.
Il progetto del Duca era assai ambizioso; desiderava creare una classe dirigente dello Stato ed una milizia militare che fossero intrise di valori scolpiti a fuoco nel cuore e nella mente degli uomini che ne avrebbero fatto parte. L’idea illuminata nacque dalla consapevolezza che gli uomini senza valori e senza principi radicati e coltivati sono solamente mercenari al soldo di chi ha più potere. Tutto o quasi si può mercificare , tranne i valori quali la fedeltà , l’onore, il senso della patria e così via.
E’ importante sottolineare la lungimiranza di Carlo Emanuele, poichè fu il primo in Europa e nel mondo a progettare una vera e propria scuola di formazione per la classe dirigente sia civile che militare. Un’idea seguita poi da altri Stati e che fuori di dubbio segnò una svolta radicale al modo di essere e di addestrarsi di chi doveva guidare la propria Patria.
La sorte tuttavia fu avversa al Duca, il quale poco dopo l’inizio dei lavori morì lasciando lo Stato al figlio Vittorio Amedeo II al posto del quale , essendo minorenne ,fu reggente la madre Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours.
Proprio per volontà della vedova di veder realizzato il desiderio del marito, nel 1677 la Reggente inviò a tutte le corti d’Europa il bando che preannunciava la nascita dell’Accademia il 1° gennaio del 1678.
Il Palazzo è un mondo a parte, ogni dettaglio è intriso di simbologia e tradizioni. In origine era suddiviso su due piani . La parte sottostante del Palazzo era dedicata al personale di servizio e la parte superiore era il “piano nobile”.
L’Accademia non è solo un bel palazzo con una storia interessante, è soprattutto un appunto mondo, un modo di vivere, uno stile, tradizioni da rispettare senza eccezioni e a questo mondo ci si deve avvicinare con grande rispetto e con la consapevolezza che varcata quella soglia, il mondo (in)civile al quale ormai siamo purtroppo abituati sembra svanire nel nulla.
L’atrio dell’Accademia non è un semplice ingresso, un passaggio, è forse uno dei luoghi più sacri che abitano questo palazzo. Infatti non si chiama atrio ma lapidario poichè sono presenti le lapidi dei caduti in guerra a partire dalle guerre d’indipendenza, per passare poi alle guerre coloniali , alla prima e alla seconda guerra mondiale e per finire con i caduti in tempo di pace che hanno perso la vita o sul territorio nazionale o nelle missioni di pace all’estero. In questo luogo nulla è casuale o ornamentale, niente è bello o brutto; tutto ha una sua ragion d’essere e un profondo significato. E’ fondamentale sapersi porre continue domande perchè ogni passo è legato a un pezzo di storia, un pezzo di patria , un pezzo di tradizione.
Le ultime lapidi risalgono al 1949 e comprendono anche i caduti dell’accademia di Torino da quando nel 1947 avvenne l’unificazione delle due scuole: artiglieria e genio di Torino con fanteria e cavalleria di Modena. Questo fatto spiega anche il perchè nella prima arcata dell’Accademia che conduce al Cortile d’Onore è impresso uno dei motti fondamentali stessa che è “ preparo alle glorie d’italia i nuovi eroi”, il motto della scuola di fanteria e cavalleria di Modena. Subito dopo però nell’arcata successiva, il motto attuale, dopo l’unificazione con la scuola di artiglieria e genio di Torino : “Una Acies” (una sola schiera). Ma non finisce qui; in ogni porta vi sono delle scritte, anche in latino che sono pregne di valore e significato anche se purtroppo chi vi transita non sempre apprezza e conosce.
La sacralità di questo luogo è sottolineata dal fatto che ogni volta che i cadetti lo percorrono devono rivolgere al lapidario il saluto militare. Come quando passano davanti alla teca delle medaglie d’oro. Da notare anche che tutta l’Accademia è ricca di opere compiute da scultori e artisti modenesi di cui ben poco si conosce, vogliamo parlare ad esempio del “fante morente” di Alfredo Gualdi , opera pazzesca che rappresenta un soldato in punto di morte e che simboleggia il ricongiungimento tra la vita e la morte e con chi lo ha messo al mondo ossia la mamma, quindi nell’atto del trapasso si rivolge alla madre.
Dopo aver ricevuto queste preliminari spiegazioni ho già la sensazione a pelle di trovarmi in un luogo che sembra imperturbabile al tempo, alla modernità, alla superficialità con la quale siamo abituati, ormai senza nemmeno averne contezza, a fare i conti quotidianamente. Esprimo un primo desiderio: vorrei vivere a Palazzo.
Si giunge al Cortile d’Onore ed osservo che tutti gli ufficiali percorrono in varie direzioni l’ampio porticato ma nessuno osa fare un passo all’interno del cortile quando sarebbe molto più comodo attraversarlo. “Nessuno può attraversare il cortile” mi spiega il mio accompagnatore, perchè se l’atrio non è una semplice area di transito anche il cortile non è quello che sembra. Quello spazio solitario e venerato infatti viene utilizzato solo per cerimonie militari importanti, per i giuramenti, per la consegna dello spadino, per il maK P 100 e per personalità, capi di Stato o di Governo.
Ogni mattina nel Cortile d’onore si schiera tutto il reggimento allievi alle 8 , viene presentata la forza ai vari comandanti e viene letta una motivazione della medaglia d’oro dei vari decorati, ufficiali dell’accademia non solo di Modena ma anche di quella di Teuliè e della Nunziatella, dopo di che viene data l’alzabandiera. Ci sono tre rintocchi di campana e successivamente si canta l’Inno di Mameli. Poichè l’Inno di Mameli si compone di varie strofe, settimanalmente viene cambiata la strofa perchè in Accademia si ha il dovere di conoscere tutto l’inno, mentre noi civili siamo abituati a sentire l’inno di Mameli solo a pezzi.
Di tutto quanto è presente in Accademia, dai motti agli insegnamenti quotidiani, alla vita stessa dei cadetti all’interno del Palazzo, nulla è casuale, conforme alla vita che quei ragazzi hanno vissuto fino ad un attimo prima di lasciare Piazza Roma. I cadetti rappresentano una elite , non solo per gli insegnamenti che vengono loro impartiti ma anche e soprattutto per i valori che vengono instillati. Per fare un esempio concreto e quanto mai attuale , un cadetto può usare il cellulare solo 30 minuti la sera. Sembra un dato qualsiasi ma sappiamo bene quanto oggi per i ragazzi sia importante l’essere sempre connessi, frequentare i social, chattare con gli amici ecc… Ebbene chi entra in Accademia sa e deve essere consapevole che il tempo si è fermato, che a Palazzo la tradizione, i valori, il sacrificio e l’impegno per diventare persone speciali sono sempre gli stessi di dieci, venti trenta anni fa e oltre. Non è il palazzo che si adegua al cambiamento ma chi varca la soglia si adegua a quel mondo oppure ne verrà ben presto espulso.
Ad ogni corso sono attribuiti dei motti, venti per la precisione che giova ricordare : esempio, onore, lealtà, volontà, fierezza, dignità, fermezza, fedeltà, orgoglio, audacia, fede, carattere, valore, coraggio, impeto, certezza, tenacia, saldezza, osare, dovere. Ogni 20 anni si ricomincia da capo. Il giuramento dello scorso 10 marzo 2023 riguardava il corso Allievi 204 ovvero il corso Volontà.
Il Palazzo è magico per storia, tradizioni e anche per varie curiosità che vi si trovano. Per citare qualche esempio.
Galleria medaglie d’oro: un luogo nel quale gli allievi passano più e più volte al giorno. Anche questo è un posto sacro ed infatti gli allievi transitando non possono correre mentre normalmente nella loro vita frenetica scandita da numerosi impegni è prevedibile vederli sfrecciare da una parte all’altra del palazzo ma lì no. Anche questa è formazione: doversi muovere con velocità e determinazione senza doversene lamentare. Ogni azione e ogni attività in accademia è formazione. Ogni dettaglio ha un profondo significato, dalle fiamme ardenti al posto dei lumini .
L’importanza delle medaglie d’oro. E’ un giusto stimolo e una sana motivazione per diventare ufficiali eccellenti. In particolare il mio accompagnatore mi cita tra le medaglie d’oro il maggiore Giuseppe La Rosa che perse la vita in Afghanistan nel 2013 nel corso di una missione nella quale gli gettarono un ordigno all’interno del blindato, e il maggiore immediatamente si tuffò sull’ordigno con il giubbotto antiproiettile così che il suo corpo con il giubbotto permisero di salvare la vita, sacrificando la sua, agli altri componenti dell’equipaggio. In quei momenti un militare è addestrato a non pensare ma ad agire mi viene spiegato. In quei momenti l’unico pensiero e l’unica azione sono incanalati in una sola parola “presente”, perchè a questo si arriva per aver fatto una scelta, aver indossato un’uniforme e aver giurato fedeltà alla propria Patria. Medaglia d’oro non significa tuttavia sempre morire. E’ senza dubbio la più alta onorificenza e sia Presidente della Repubblica che le più alte cariche dello Stato di fronte alle medaglie d’oro dimostrano e devono dimostrare il massimo rispetto.
Il ponte dei sospiri ( legato al ponte dei sospiri di Venezia , attraverso il quale transitavano i condannati a morte che sospiravano prima di essere giustiziati perchè sapevano che sarebbero passati da lì e non sarebbero più tornati indietro ). Ovviamente per i cadetti la sorte è ben diversa ma in ogni caso rappresenta metaforicamente il grande cambiamento di vita che devono operare. Togliere gli abiti della vita borghese ed indossare una divisa militare non è un’operazione del tutto indolore anche se con la giusta motivazione pure le difficoltà maggiori le superano per perfezionasi e diventare poi i futuri comandanti.
Il naviglio e le catacombe. A partire dagli Estensi, ma ancora prima di loro, si iniziarono vari tombamenti dei canali, Modena, detta la piccola Venezia, era navigabile, e in corso Vittorio Emanuele vie era la Darsena dalla quale partiva il collegamento al Po con sbocco in Adriatico il che voleva dire commercio con il mare. Questo fa anche capire perchè gli Estensi scelsero Modena e non Reggio Emilia proprio per avere un commercio con il mare . Tutte le colonne che si vedono a Palazzo sono state portate tutte via acqua. Qui possiamo inserire un mito,una leggenda o chissà… E’ l’editore modenese Carlo Bonacini e raccontare questo mistero. Confessa in una intervista alla Gazzetta di Modena quanto segue: “Durante gli anni 2006-2007 stavo mettendo insieme diverse informazioni per scrivere il libro “Modena”. Un volume divulgativo su tanti argomenti e aspetti della nostra fissò, ma anche l’occasione per approfondire le cose poco conosciute come la scoperta della “città sotterranea” . Per fare questo siamo scesi sotto Piazza Roma dentro il Canale Naviglio e abbiamo percorso diversi metri “ Piazza Roma è la Piazza antistante l’Accademia e il Naviglio scorre sotto il Palazzo e quindi per queste attività Bonacini ha dovuto chiedere l’autorizzazione all’Accademia . “Dopo una titubanza iniziale dell’accademia “, racconta Bonacini al giornalista della Gazzetta di Modena, “riesco ad ottenere il permesso , ma gli Ufficiali mi raccontano alcuni episodi strani e “maledetti” che segnarono la vita alle persone che scesero dentro le catacombreper vedere cosa c’era. Alcune di queste morirono in seguito. Il giorno della perlustrazione , io e due militari dell’Accademia , prima di scendere nelle catacombe delle Monache per rispetto verso il luogo religioso per non profanarlo facemmo una preghiera. Era tutto pronto e avevamo delle torce elettriche . Scendiamo sotto terra e cominciamo ad avventurarci nelle catacombe per diversi metri . Riesco a vedere alcuni resti di corpi, forse lì sotto da alcuni secoli, ma all’improvviso ecco che tutte e tre le torce si spengono. Da allora sono passati anni, ma nessuno di noi è stato colpito dalle “maledizioni” mortali che si raccontavano , forse proprio perchè abbiamo portato un rispetto religioso verso quel luogodimenticato che forse altri non hanno avuto. “
Passiamo da un luogo misterioso e anche inquietante ad altre curiosità meno sacre…La stecca:
Il cadetto aveva una stecca per lucidare i bottoni dell’uniforme . Isolava il tessuto dal bottone poi successivamente è stata presa come simbolo del passaggio del tempo, dei vari corsi ed è nell’ambito della cerimonia del Mac p 100 che avviene il passaggio della stecca dal più anziano al più giovane. E’ un passaggio forte a livello simbolico ed è un passaggio di responsabilità, di tutela delle trazioni, delle origini, dell’onore militare.
Cassettina del giudizio:
18 e palla… Quando i cadetti facevano gli esami c’erano due addetti militari e il docente di cattedra civile e tutti e tre avevano la pallina bianca e la nera. Dovevano poi lasciar cadere la pallina corrispondente al loro giudizio nella cassettina. Tre palline nere eri bocciato , tre bianche promosso e poi iniziava il caso della sufficienza , il cosiddetto “18 e palla” due nere e una bianca. Una sufficienza risicata, che tuttavia soprattutto da parte dei militari veniva riconosciuta anche tenendo presente l’andamento del cadetto nella sua complessità. Concedeva al cadetto di proseguire gli studi ma era prevista una punizione come in ogni scuola militare che agli errori prevede punizioni. Questo metodo è durato fino al 1991 fino a che non è stato abrogato questo sistema di valutazione e venne adottato quello delle università civili.
La stanza degli allievi illustri:
Un inno alla memoria storica, necessario. E si scopre che Edmondo de Amicis, Gianni Agnelli, Vittorio Alfieri, e tanti altri personaggi famosi hanno frequentato l’Accademia di Modena. Essendo la prima scuola del genere nel mondo ha formato non solo la classe militare ma anche politica, dell’imprenditoria ecc…
Sala delle uniformi, sala dei comandanti. Parla tutto di tradizioni. Non è questione di protagonismo ma di salvaguardia e tutela delle tradizioni, del passaggio, della cronologia degli eventi.
Sala della prima guerra mondiale
Pazzesca…..Mette in risalto quei dettagli che difficilmente anzi per nulla si trovano nei libri di storia . Mostra e ci parla ad esempio di cosa hanno dato le donne nella grande guerra sia di quelle che stavano a casa a mandare avanti le attività che le crocerossine sul campo . Il problema dei tanti soldati morti per cancrena, per dissenteria, per la spagnola , le tante amputazioni . E’ una sala ricca di particolari, riprodotta in modo talmente realistico , dalla trincea alle armi, da tutto ciò che ha contraddistinto purtroppo la prima guerra mondiale da fare quasi impressione. Un inferno sulla terra. Per non parlare delle armi , dei cimeli dai quali evincere le notevoli differenze ad esempio dell’equipaggiamento austroungarico rispetto agli italiani così come la differenza nelle armi che in questa sala vengono mostrate e descritte. Gli austroungarici per dirne una usavano armi più offensive mentre noi armi maggiormente difensive. Per non parlare delle trincee: loro con muretti noi molto più rudimentali. Insomma, una sala da visitare e studiare. Durante la guerra inoltre si ricorda anche che morirono numeri impressionanti di animali. Si pensi tuttavia che esiste addirittura un piccione decorato di medaglia d’oro al valor militare. E’ arrivato a destinazione, nonostante fosse mezzo morto, per essere colpito da un falco predatore e per questo venne insignito della medaglia d’oro.
Serve menzionare anche un simbolo fondamentale per la nostra storia più volte richiamo proprio nel corso della cerimonia del giuramento. Il milite ignoto. Chi è, chi era.
Il milite ignoto Perchè esiste, chi lo ha voluto.
Questa storia è nata da un pensiero che ha accomunato tutti i soldati che sono andati in guerra ( nella Prima Guerra Mondiale ) compresi i circa 650 mila caduti. Tutti loro hanno pronunciato andando in guerra : «PRESENTE!». Erano persone che non solo non conoscevano i confini internazionali ma nemmeno nazionali eppure hanno ugualmente gridato con coraggio la loro determinazione a combattere e nel caso ( come purtroppo è successo a molti) lasciare la propria vita sul campo.
A guerra finita, una persona si pose un problema, un problema di responsabilità e si disse che a tutti quei genitori che hanno saputo del figlio perito chissà dove, che lo avevano “affidato” all’esercito nel pieno del vigore e nel fiore degli anni cosa gli si poteva dire, come si poteva dar loro un minimo di consolazione, di appiglio che non fosse l’oblio di una morte fredda e solitaria? Questa persona fu il colonnello Giulio Douhet che in seguito , nel 1923, lascerà l’esercito per andare nella neocostituita aeronautica militare. Questo ebbe un’idea geniale, quella di fornire almeno un “simbolo”, un ideale, non solo ai genitori dei defunti ma a tutta l’Italia. Solo i francesi ebbero un’idea simile prima di noi. I Reali italiani tuttavia non furono molto d’accordo con lui perchè tutto sommato era finita la Grande Guerra, avevamo vinto, non era necessario a loro parere fare altro….ma egli si battè aspramente per ottenere quanto desiderava. Riuscì così ad ottenere una commissione che andando nelle varie parti del fronte recuperò 11 salme italiane delle quali non si sapeva nulla. Queste salme vennero portate ad Aquileia , Udine, e vennero deposte ordinatamente all’interno della Cattedrale affinché venisse appunto scelto l’eroe da commemorare in ricordo di tutti i caduti.
Chi sceglie il nostro Milite Ignoto? Una mamma , fu la risposta unanime. Ma su 650.000 caduti di mamme ce n’erano tante e come si poteva decidere ? Il colonnello allora decise di scegliere un’austriaca per decidere e optò per una certa Maria Bergamas. Questa donna era friulana e il Friuli a quel tempo era Austria a tutti gli effetti. Venne scelta lei poichè il figlio ad un certo punto della guerra disertò e si arruolò nel Regio Esercito Italiano e fu anch’egli tra i dispersi. In parte gesto di distensione verso gli austriaci si decise appunto fosse la Bergamas a scegliere tra le 11 salme il nostro Milite Ignoto.
La donna entrò in Chiesa trovandosi davanti 11 salme con le casse rigorosamente identiche precedentemente rimescolate almeno tre volte onde evitare qualsiasi sorta di condizionamento. Così si avvicendarono ben tre plotoni che a turno entrarono nella Cattedrale e scambiarono di posto le bare. Lei percorrendo le salme una ad una dinnanzi ad una di esse che probabilmente era la decima e urlò il nome del figlio. Ebbene quello sarebbe stato il nostro eroe, il nostro Milite Ignoto. La salma sulla quale tutte le madri avrebbero potuto piangere i loro figli periti in guerra. Il “Milite Ignoto” venne posto su un fusto di cannone e trasportato a 30 km/ora da Aquileia a Roma . Ogni paese che il Milite attraversò era pieno di persone che si inginocchiavano al suo passaggio, pregavano e gettavano fiori. Ad un certo punto l’interrogativo fu sul luogo di sepoltura del M.I. Si era pensato inizialmente al Pantheon ma poi la scelta fu in favore dei quello che oggi viene definito Altare della Patria, il Monumento al Re Vittorio Emanuele II ( Il Vittoriano) al fine di renderlo anche parte della Nazione e dare a questo gesto simbolicamente importante la giusta collocazione “nazionale”.
Breve digressione: al termine della Grande Guerra ossia la Prima Guerra Mondiale i reduci quando rientrarono in Patria vennero da molti addirittura insultati nonostante avessero vinto la Guerra. E’ solo durante il ventennio fascista che il Duce vorrà riscoprire il valore di quegli eroi costruendo una serie numerosissima di Monumenti in loro memoria tra i quali il Sacrario Militare Redipuglia , Cima Grappa e tanti altri. Il Milite Ignoto diverrà quindi un simbolo di risveglio della memoria italica. Verrà trasportato in spalla in varie zone da decorati di Medaglia d’Oro. E ogni anno il 2 Giugno viene reso omaggio al Milite Ignoto deponendo una corona di alloro all’Altare della Patria da parte del Presidente della Repubblica.
p.s. Maria Bergamas fu poi seppellita nella Cattedrale di Aquileia insieme agli altri dieci caduti.
E veniamo al giuramento del 10 Marzo 2023 Cerimonia del giuramento solenne allievi 204° corso “Volontà” che subentrano al 203° Corso “Lealtà”. Palazzo ducale di Modena.
Il cerimoniale è pronto a regalare emozioni, a stringere cuori e far ribollire la fiamma della speranza in tutti i partecipanti.
Il reggimento allievi si schiera e il Comandante del reggimento prende il comando .
Il rituale è rassicurante, una tradizione che è necessaria , quella certezza di cui un pò tutti sentiamo il bisogno.
Viene reso onore alla bandiera italiana.
Giova ricordare che il tricolore italiano quale bandiera nazionale nasce a Reggio Emilia il 7 gennaio 1797, quando il Parlamento della Repubblica Cispadana, su proposta del deputato Giuseppe Compagnoni, decreta “che si renda universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di Tre Colori Verde, Bianco, e Rosso, e che questi tre Colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti”. Ma perché proprio questi tre colori? In realtà una versione ufficiale che traduca il senso dei nostri colori non esiste, la si desume da interpretazioni più o meno autorevoli. Si ritiene in ogni caso che verosimilmente il verde rappresenti la speranza , il rosso la passione ma anche il sangue versato e il bianco la fede. Nulla di veramente ufficiale ma sicuramente vicino al vero.
Vengono resi gli onori alla bandiera dell’accademia militare di Modena e al Gonfalone.
Vengono quindi resi gli onori al ministro della difesa Guido Crosetto, che accompagnato dal capo di stato maggiore della difesa Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone , dal capo di Stato maggiore dell’esercito Generale di copro d’armata Pietro Serino e dal comandante generale dell’arma dei carabinieri generale di corpo d’armata Teo Luzi passa in rassegna lo schieramento.
Il comandante dell’accademia militare, generale di divisione Davide Scalabrin chiama a sé la bandiera d’istituto.
Oggi si è celebrata anche la giornata delle medaglie d’oro. Padrino del 204° corso “Volontà” è stato il generale di corpo d’armata dei carabinieri generale Rosario Aiosa decorato di medaglia d’oro al valor militare con la seguente motivazione : “ comandante di compagnia distaccata organizzava con estrema rapidità e capeggiava nottetempo con sicura competenza servizio inteso alla identificazione dii sei persone sospette rivelatesi all’atto del controllo pericolosissimi delinquenti che non esitavano a far uso delle armi . Postosi all’inseguimento con altri militari di quattro dei criminali datesi alla fuga veniva da uno di essi fatto segno proditoriamente a colpi di pistol. Benché gravemente ferito, con estrema decisione reagiva col fuoco della propria pistola ferendo moralmente l’aggressore. Noncurante delle lesioni riportate disponeva quindi per il trasporto in ospedale di altri militari colpiti e prima di consentire il proprio ricovero trasmetteva via radio al comando superiore notizie che consentivano nel prosieguo delle operazioni l’eliminazione dell’intera organizzazione criminale. Fulgido esempio di spirito di sacrificio , attaccamento al servizio, cosciente sprezzo del pericolo, nobile altruismo. Porto Sangiorgio, Ascoli Piceno. 18 maggio 1977. “
Il generale Aiosa saluta gli allievi. Il primo saluto è rivolto alla bandiera dell’Accademia esteso poi al gonfalone dalla città di Modena decorata di medaglia d’oro al valor militare e poi a quelli della Regione e della Provincia. Il Gen. Aiosa ricorda i caduti. Gli oltre 7800 ex allievi, 500 dei quali per il loro valore sono stati insigni della massima ricompensa al valor militare. Ricorda poi tutti i caduti ed in particolare il Milite Ignoto che tutti li rappresenta. Ricorda poi che proprio il 10 marzo ricorre il 151° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini uno degli esponenti principali del risorgimento italiano e anche un precursore e promotore dell’unità europea ed invita a leggere il testo dell’atto di fratellanza della giovane Europa : libertà, eguaglianza, umanità, e sottolinea poi quanto possa essere attuale. Invita alla fratellanza, alla lealtà, alla capacità di cooperare più che di competere, all’autocontrollo, al rispetto dei ruoli e all’obbedienza. Infine ricorda il 190° anniversario della istituzione della medaglia d’oro al valor militare e il 100° della costituzione del gruppo delle medaglie d’oro al valor militare d’Italia. I decorati si conobbero portando a spalla il feretro del milite ignoto e in quell’occasione pensarono quindi di associarsi . Fu nel 1923 che nacque l’associazione e questo gruppo viene elevato e ente morale nel 1927.
Segue un momento ad altissimo tasso emotivo che rappresenta la premessa al giuramento ovvero la lettura della pergamena con la quale un anziano raccomanda al gemello capellone di giurare solo se spinto dalla motivazione di servire la patria insieme come fratelli.
I militari uno di fronte all’altro.
“ Allievo del 204esimo corso Volontà:
se fu to padre a dire lo voglio o se fu tua madre a dire io vorrei non giurare, perchè e alla grande madre che tu ubbidirai qui dentro …
se fu la tua ambizione a mormorare la parola dai nodi d’oro “accademia militare” non giurare perchè ti coprirai di sudore, il tuo plotone di fango, le batterie di grasso, il ponte di catrame e le tue stellette si bruniranno…
Se gettando un dado rotolò sulle facoltà e prendesti questa via per il tuo pane per il tuo tetto , non giurare perchè questa non è una via ma è una scala ed ogni gradino vale più oro della tua persona
Se venisti qui dentro dietro una redine di cavallo , una staffa cromata una sella chiara non giurare, i cavalli scompariranno la Patria no . La tua passione ad essa, non a loro si leghi altrimenti sulle gambe sottili del tuo purosangue sarai troppo alto sopra le anime dei tuoi uomini che soffriranno guardandoti
Se fu selvatica ritrosia a farti lasciare il tetto paterno , se fu promessa d’amata che aspetta non giurare, odio e amore non dureranno oltre la morte e noi tutti siamo e saremo oltre la morte
E se fu capriccio, attimo di spavalda soluzione notte d’aria tormentosa blasone di famiglia , tradizione d’avi…non giurare, volto saresti senza voce nembo senza folgore corpo senza vertebre, ripiega allora il tuo corredo, restituisci il tuo fucile, e regalami le stellette che a me servono, và non so dove ma via di qui dove il dovere ti chiama con voce imperiosa di tromba dove la carne si mortifica e lo spirito si modella nella sofferenza…
Ma se fu amor di Patria , di nostra continua lotta del nostro Popolo a cui dovrai il segreto del vincere e la calma fierezza del morire , se fu passione di mostrine , di alamari, di fiamme rosse, cremisi, verdi od azzurre, se fu fremito naturale del sangue antica promessa alla tua giovinezza nascente allora GIURA!!!! E sarai mio fratello !”
Prende poi la parola il comandante dell’accademia militare il Generale Davide Scalabrin
Espletati i ringraziamenti di rito ricorda i caduti e ricorda i due ufficiali scomparsi nel recente incidente aereo a Guidonia, il tenente colonnello Giuseppe Cipriano e il maggiore Marco Meneghello . Segue l’omaggio alla bandiera di istituto. Durante il discorso un ragazzo tra le file degli allievi ha avuto un lieve malore che tuttavia risulterà essere fortunatamente non grave. L’allievo Pietro certamente è stato tradito da un eccesso di tensione ed emozione. Il Comandante rappresenta agli allievi cosa significa il percorso che hanno intrapreso e che si apprestano a consolidare col giuramento. Invoca il ricorso al buonsenso, all’equilibrio al fine di dosare qualità tecniche e umane , doti che possono talvolta anche sembrare in contrasto ma che devono essere doti di ogni buon comandante. Riconosce il coraggio degli allievi nel fare una scelta di vita sicuramente in controtendenza ad un dilagante individualismo che contraddistingue questo periodo storico. Augura ed auspica che “possano essere militari intelligenti e moderni soldati forti e coraggiosi comandanti sempre saldi nei valori ed entusiasti della professione scelta”. Legge infine la formula di giuramento .
“ Giuro di essere fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la costituzione e le leggi ed adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere Istituzioni . Allievi del 204esimo corso Volontà lo giurate voi?”
Gli allievi giurano e il loro grido è un brivido che corre lungo la schiena che commuove.
Il cappellano legger poi la preghiera per la Patria.
Prende la parola il capo di stato maggiore dell’esercito generale di corpo d’armata Pietro Serino il quale, espletati i consueti e dovuti ringraziamenti e saluti rivolge agli allievi brevi parole di incitamento e plauso.
Segue l’intervento del comandante generale dell’arma dei carabinieri, generale di corpo d’armata Teo Luzi il quale sottolinea in particolare l’importanza del senso di appartenenza e dell’importanza del sentimento dell’amicizia.
La cerimonia prosegue con l’intervento del capi di stato maggiore della difesa Ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone che, mi corre sottolineare ho trovato particolarmente emozionante e coinvolgente.
L’ammiraglio Dragone rivolge un primo pensiero ai genitori degli allievi che hanno saputo infondere valori importanti che hanno sviluppato nei propri figli il desiderio di far parte del mondo militare. Cita le parole di una medaglia d’oro della seconda guerra mondiale che a sua volta gli vennero lette quando lui stesso giurò nel 1976 : “ la vera essenziale differenza tra il soldato e gli altri individui è determinata da due ragioni di fondo : egli è e deve sentirsi l’uomo della crisi colui che deve saper intervenire con chiarezza di idee quando tutto vacilla e tutti rischiano di perdere la testa , egli è l’uomo cui si è messo in cuore un grandissimo amore, quello della Patria. “
Sottolinea poi l’importanza della difesa perchè solo con un esercito importante si può puntare alla partecipazione autorevole nell’ambito di un contesto geostrategico che si va delineando . Evidenzia come tutto stia cambiando e quanto molte certezze oggi stiano vacillando. Proprio questa situazione di incertezza richiede di avere punti fissi tra i quali il primo è proprio la difesa che ha risposto sempre, afferma l’ammiraglio , alle chiamate e che rappresenta un punto saldo per il nostro Paese. La nostra difesa, sostiene, deve marciare verso una integrazione completa, verso una integrazione interforze che sia definitiva e che sia al passo e in linea con i nostri alleati, con quello che ci chiede il Paese. “Ci sarà da fare una scelta: se vogliamo essere uno strumento militare perfettamente integrato, interforze e quindi essere l’alfiere di una Paese di serie A che si siederà giustamente a un certo tavolo oppure decidere di essere uno strumento frammentario , uno strumento provinciale, uno strumento parrocchiale , che inequivocabilmente ci relegherà a un ruolo di serie B dove dovremo accontentarci degli avanzi degli altri. Credo non sia nel nostro orizzonte.”
Intervento del Ministro della difesa Guido Crosetto:
Dopo i consueti saluti e ringraziamenti istituzionali si rivolge agli allievi del 204° e del 203° corso. Rassicura affettuosamente circa lo stato di salute dell’allievo che aveva avuto un mancamento durante la cerimonia come giustamente si fa in famiglia perchè quel mondo, sottolinea il Ministro, è oltre che una scelta di vita, una famiglia.
Rammenta quanto sia importante il percorso che quei ragazzi hanno intrapreso e rimarca un aspetto importante, troppo spesso strumentalizzato e stravolto. Il ministro afferma con vigore che “la difesa non è guerra , la difesa è la negazione della guerra, la difesa è il tentativo umano di non far trasformare i conflitti in guerra ma di creare le condizioni di sicurezza e la sicurezza è il prerequisito perchè esista la democrazia, la libertà “.
Ricorda anch’egli i due militari che hanno perso la vita a Guidonia ,Cipriano e Meneghello e si scusa se proprio per poter partecipare ai funerali dei due militari non può trattenersi a Modena: “siccome noi siamo una famiglia, il padre della famiglia non può non essere presente ai funerali. “ Queste le sue parole.
La cerimonia volge al termine. Il reggimento allievi sfila in parata e poi via via tutti i protagonisti lasciano la cerimonia nell’ordine in cui vi hanno partecipato sicuramente con il cuore più gonfio di emozioni, di speranze e con maggior senso di appartenenza che ogni volta questa cerimonia riesce ad infondere.
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